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17-10-2005

Banche di investimento USA: vento ancora in poppa ?

Le banche di investimento statunitensi stanno attraversando una stagione particolarmente florida, sia in termini di volume d’affari che di redditività. A detta degli analisti, tale situazione presenta numerose indicazioni incoraggianti anche per il futuro e non mancano coloro che sono pronti a scommettere sulla lunga
durata dell’attuale ciclo, paragonandolo alla precedente fase di boom degli anni Novanta. Secondo uno studio pubblicato sul quotidiano britannico Financial Times, invece, tra i due cicli sussistono delle differenze di carattere fondamentale, come vedremo in seguito. Resta comunque il fatto che questa favorevole evoluzione dipenderebbe da una serie di cause concomitanti che, pur essendo servite finora da sostegno per la ripresa dell’attività nel mercato degli investimenti, non sarebbero riuscite a fugare del tutto il pericolo di un’interruzione nella tendenza in atto. Gli ottimisti sono propensi a credere che, dopo anni di difficoltà, le banche
di investimento stiano beneficiando al momento di una base molto più solida rispetto al passato. In precedenza, infatti, l’andamento dei profitti dipendeva prevalentemente dalle commissioni derivanti dall’intermediazione nel mercato dei capitali, nel mercato valutario e in quello delle materie prime. Oggi, invece, a questi fattori propulsivi si sono aggiunti anche l’incremento costante delle commissioni generate dalle attività di sottoscrizione e negoziazione nel mercato azionario, come pure gli introiti ricavati dalle operazioni di fusione ed acquisizione aziendale. Nello stesso tempo, si registra una crescita nelle richieste provenienti dagli investitori privati, intenzionati a cogliere le opportunità offerte dall’attuale andamento dei tassi d’interesse, delle valute, dei prezzi petroliferi e di altri
mercati. Le aziende, dal canto loro, essendo divenute sempre più sofisticate nella gestione dei loro bilanci, ricorrono con maggior frequenza all’ausilio degli esperti delle banche di investimento. I fondi di investimento privati si sono anch’essi rivelati clienti molto lucrativi per le “investment banks”, in special modo nella richiesta di nuovi finanziamenti destinati all’acquisizione di attività. L’insieme di tutti questi elementi ha formato un quadro composito, ma proprio per questa ragione più solido se confrontato con quello della fine del passato decennio.

Nella seconda parte degli anni Novanta, infatti, era stato soprattutto il boom dei mercati azionari ad aver messo le banche di investimento nelle condizioni di vivere di rendita. L’andamento delle quotazioni in borsa era talmente esuberante, da non dover richiedere particolari sforzi a questo settore della finanza americana per mietere guadagni. La prova si è avuta in seguito, all’inizio del nuovo millennio: quando i mercati hanno cambiato bruscamente segno, volgendo al negativo, la gallina dalle uova d’oro ha cessato di colpo di esistere, con ovvie conseguenze sugli utili delle società di intermediazione mobiliare.

Nel quinquennio successivo si è assistito a un’innovazione senza precedenti sul mercato dei capitali. Prodotti come i Derivati sui crediti, un tempo considerati quasi un frutto esotico in questo ambiente, oggi proliferano letteralmente. La persistente
espansione del mercato dei capitali ha creato numerose opportunità di investimento e, pertanto, la maggioranza delle commissioni incassate dalle banche in questo settore della finanza deriva da prodotti e strumenti finanziari che non esistevano fino a pochi anni fa. L’arrivo di nuovi prodotti e l’allargamento della base di clientela hanno reso indispensabile anche un mutamento nelle linee di
gestione delle banche di investimento, che risultano attualmente molto più aggressive del passato.

Oltre a tutti i fattori esaminati, vi è un ulteriore punto di forza attorno a cui sta ruotando la situazione sin qui descritta e che, forse, sottolinea meglio la differenza tra i due cicli: si tratta del basso livello dei tassi di interesse a lungo termine, che ha praticamente contribuito ad inondare i mercati finanziari di nuova liquidità.
Tale evoluzione, che come noto si è posta in antitesi rispetto alla curva ascendente dei tassi sul breve termine, ha fatto lievitare diverse attività nel settore degli investimenti. Nonostante questa condizione incoraggiante per le banche di investimento americane, non mancano le opinioni di coloro che invitano a non
lasciarsi prendere da facili entusiasmi. La banca centrale, per esempio, seguita a lanciare moniti sul futuro percorso dell’economia, che potrebbe mostrare qualche cedimento soprattutto a causa del difficile mercato petrolifero. Il restringimento dei
cordoni monetari operato dalla Fed nel corso dell’anno, proprio per prevenire le negative conseguenze delle pressioni inflazionistiche, è una testimonianza delle sue preoccupazioni sul futuro della congiuntura interna.
Il punto di osservazione principale rimane, comunque, la direzione dei tassi d’interesse. Così come il basso costo del denaro ha contribuito ad
alimentare l’attività sui mercati dei capitali, per contro un inatteso rialzo
dei tassi sui finanziamenti potrebbe far invertire bruscamente la rotta. In
sostanza, se i tassi sul lungo termine dovessero anch’essi ricominciare a salire, il quadro generale potrebbe rivelarsi molto meno benigno per le banche di investimento.
Fatte queste considerazioni, la domanda a cui molti analisti stanno tentando ora di rispondere, senza trovare grandi soluzioni per la verità, è: in un contesto di tassi meno favorevole, quali sarebbero le conseguenze sugli investimenti? Fino a
quando le banche di investimento riusciranno a navigare con le vele spiegate? Il timore di un cambiamento di rotta nella congiuntura e nella direzione dei tassi sta dunque suscitando un certo scetticismo tra molti analisti, che ora dubitano sulla durata di questo boom.
a cura di Cornèr Banca SA


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