Le banche di solito guadagnano di più sull'attività creditizia quando i tassi salgono; sono infatti lente ad adeguare i tassi di rimunerazione sui depositi mentre applicano le nuove condizioni ai debitori quasi in contemporanea. La situazione questa volta è forse diversa. Tassi più alti significano maggiori tassi sui mutui e probabili più alti livelli di insolvenza; lo stesso vale per il credito al consumo, dove la differenza tra tassi attivi e passivi e cosi' alta da far pensare difficile che le banche riescano a passare, senza conseguenze negative, i nuovi rialzi dei tassi su chi ad esempio si compra il frigorifero a rate. Le banche italiane sono poi molto esposte verso le società immobiliari peggio messe (non è un caso che si parli di dimissioni del direttore generale di Popolare di Milano, che l'anno scorso incassava il migliore bonus di tutto il suo mandato). Se queste società, a noi appaiono poco concreti gli interessamenti dei vari investitori finanziari, guarda caso tutti stranieri ( ieri si parlava di dismissione dell'area Falck per Risanamento, sospesa diverse volte al rialzo, voci analoghe passavano su Aedes qualche giorno fa, anch'essa sospesa al rialzo per due sedute e poi al ribasso per le due sedute successive) non riescono a mettere velocemente in vendita pacchetti cospicui le banche si troveranno in forte difficoltà. Senza contare il crollo dell'industria del risparmio gestito, in Italia in mano alle banche anche dopo i tentativi di Banca d'Italia per separare le attività creditize da quelle di gestione. La formula che usiamo non seleziona comunque titoli del comparto finanziario, ma, dando qualche credito alle affermazioni del segretario del Tesoro americano secondo cui le banche statunitensi hanno fatto emergere il 90% dei crediti inesigibili mentre il processo è solo a metà per quelle europee (dove il grosso delle svalutazioni sono state fatte da banche inglesi e svizzere), ci sembra vi siano validi motivi per evitare il settore. |