Secondo quanto riporta l'articolo del quotidiano britannico, la Bce starebbe pensando di eliminare l'applicazione del tasso delo 0,4% ai depositi lasciati dalle banche presso l'istituo centrale. Nell'articolo vierne stimato a sette miliardi e mezzo di euro il costo annuale sopportato dalle banche, che in pratica pagano per il privilegio di tenere soldi all'istituo centrale. Dividendo per lo 0,4% fanno oltre centocinquanta miliardi depositati oggi dalle banche presso la BCE, la ragione principale, insieme all'aggio dei profitti stellari della banca centrale e di quelle locali, inclusa Banca d'Italia. La misura era stata pensata come stimolo alle banche a prestare soldi all'economia reale, ma non è mai funzionata, drenando peraltro profitti alle banche. Se la modifica passa, ed è probabile di sì perché con tante banche in difficoltà incluse le due tedesche per cui si parla di una fusione serve ai conti, la redditività degli istituti di credito migliora ma imprestano ancora meno soldi. Dunque grandi incentivi alle fusioni spariscono, nel risparmio gestito quando si hanno queste dimensioni non vi sono economie di scala nelle fusioni e nel credito, se già non lo si fa oggi a maggior ragione non lo si farà se si mettono insieme due giganti per cui la fusione occupa energie per due anni. La iidea di Unicredit, sembra, di rimettersi in lizza per l'acquisto di Commerzbank, di stamane sembra più un modo di forzare i regolatori a dire di no alla fusione Deutsche Conmerzbank che una proposta seria. Questa modifica mosrtrerebbe la sconfitta più plateale delle politiche monetarie della Bce. Il meccanismo di trasmissione, quello per cui se la Bce dà soldi alle banche poi queste le imprestano alla economia reale non è mai funzionato. Le banche i soldi non li prestano senza garanzie, perché non prendono rischi su chi ha solo progetti, tranne poi imprestarli per motivi politici, caricandosi di sofferenze. Il nuovo enorme sviluppo immobiliare di Milano previsto in zona Pirelli farà un bel buco nei bilanci delle banche. |