Oramai succede quasi invariabilmente che quando vi è qualcosa di antipatico da comunicare, le banche centrali si servono di esponenti non in prima fila, Fischer è il presidente della Fed di Dallas ma non vota attualmente nel suo direttivo, per testare le reazioni delle borse a cambi di tendenza. Ieri sera Fischer non ha usato mezzi termini: critiche all'amministrazione fiscale statunitense, considerata peggiore di quella messicana, giudizi di insostenibilità sull'attuale politica monetaria (oggi la Fed compra titoli legati ai mutui per un ammontare superiore alle nuove emissioni), avvertimenti sulla composizione del portafoglio della banca centrale, oramai sostanzialmente illiquido. Se le stesse parole fossero venute da Bernanke la borsa avrebbe perso il 20% in poche sedute, ma i bassissimi volumi di scambio, ieri è il giorno con le contrattazioni più basse dell'anno, se si escludono i giorni semi festivi, ha consentito comunque una chiusura poco variata, con volatilità schiacciate sui minimi. Vi è inoltre un fenomeno di crescente preoccupazione per l'ammontare di operazioni fantasma volte a dare la sensazione di maggiore attività, ieri la quantità di domande e offerte per ogni singola trattazione effetttivamente conclusa ha raggiunto il massimo storico: segno che operatori istituzionali, almeno alcuni, cercano di gonfiare i volumi apparenti per convincere gli investitori privati a comprare azioni. L'ammontare di pratiche illecite o almeno non etiche con cui le borse si confrontano è in crescente aumento, soprattutto nel mercato delle materie prime dove le banche sono accusate, JP Morgan recentemente è stata condannata ad una multa insignificante rispetto agli utili che queste attività producono, di manipolarne i prezzi. Le borse arriveranno ad un punto di rottura, come storicamente in tre quarti dei casi, per motivi probabilmente imprevedibili, ma questa fase finirà in modo traumatico, come accadde nel 2008. |