Passa - almeno a livello di accordo quadro- la proposta del segretario del tesoro statunitense per limiti di adeguatezza del capitale delle banche più stringenti. Se i titoli incagliati nelle banche fossero valutati a valore di mercati invece che a costo, questo comporterebbe, da tutte e due le sponde dell'atlantico, pesanti aumenti di capitale. Quello che sconcerta è l'intesa sui bonus. Si concorda che in caso di futuri risultati negativi i bonus siano restituibili. Si tratta di aria fritta perché una volta incassati bonus - come dimostra la recente polemica su alcuni importanti patrimoni di famiglia detenuti all'estero- andare a recuperarli è praticamente impossibile. Sarebbe invece molto più sensato parametrare e pagare i bonus sulla base di risultati pluriennali. Ragioni evidenti per cui la politica faccia così fatica ad entrare nei meccanismi delle banche (i bonus pagati a manager delle banche salvate dal tesoro americano sono superiori a quelli distribuiti dalle prime 50 società quotate non finanziarie). Viene allora il sospetto che vi sia un interesse reciproco a che da una parte le banche mostrino conti migliori della realtà e dall'altra che i politici non possano essere attaccati sul piano degli interventi di ricapitalizzazione che i vari governi hanno posto in essere per garantire la sopravvivenza di istituti "troppo grandi per fallire". |