Pareva che intorno a 26 dollari l'offerta di una prima tranche di azioni detenute dal tesoro americano dopo il salvataggio fosse molte volte sottoscritta. Dopo i risultati del terzo trimestre, che portano l'utile dell'anno a oltre cinque dollari (tutto fatto con gli incentivi) la forchetta di prezzo è stata alzata tra 32 e 33 dollari e sia il Tesoro americano che il fondo dei pensionati del settore hanno deciso di aumentare la quota offerta al 15,8% per un totale di 18 miliardi, inclusa l'eventuale "Greenshoe". Se il prezzo delle successive offerte dovesse rimanere a questi livelli il contribuente americano perderebbe oltre 10 miliardi sui 49 che fu costretto a mettere nell'azienda, ragione per cui è probabile che i toni trionfalistici non ci abbandonino. Se oggi il Tesoro americano aumenta la quota offerta pur facendo subire al contribuente una perdita secca, vuol dire che il titolo è caro, che si teme quindi che scenda invece che salire. L'azienda ha già detto, ma nessun lo ricorda prima del collocamento, che i risultati del quarto trimestre, che saranno una buona approssimazione dell'andamento futuro dell'azienda in assenza di incentivi, saranno molto peggiori dei precedenti trimestri. Fiat continua nel frattempo con la sua campagna di immagine in vista del collocamento di Fiat Industrial (che porta una quota del capitale a riserve distribuibili ma intanto ha già negoziato quattro miliardi di debiti con le banche amiche), contribuendo a portare il titolo a livelli altissimi, anche in considerazione dei dati pessimi sulle immatricolazioni in Europa diffusi ieri. Fino a qualche anno fa questo modo di rivolgersi al mercato era tristemente italiano ma sembra riguardare oramai anche piazze finanziarie che passavano per più evolute. |