Intesa vende più o meno a diciassette volte gli utili passati, Generali a tredici e davvero avrebbe tutto da perdere in una offerta di scambio, tranne probabilmente poter licenziare migliaia di persone che peraltro il management ha detto di non voler licenziare. Queste grandi aggregazioni basate sul risparmo gestito e il private banking sono operazioni in cui perdono tutti tranne la direzione degli istituti che incassa bonus multimilionari per il solo sforzo di licenziare migliaia di dipendenti. Il prodotto di risparmio gestito o di private banking diventa ancora più standardizzato, i risultati di gestione necessariamente inferiori a quelli degli indici di borsa. A Intesa però è chiaro che i margini si contrarranno con Mifid 2, tranne che nei prodotti assicurativi a carattere finanziario che continuano ad essere gli strumenti meno trasparenti e più costosi per il cliente. Che però se ne accorge solo dopo molti anni. Sul piano di potenziali compratori esteri, che evidentemente Generali preferisce o non avrebbe comprato il tre per cento di Intesa, le valutazioni di Generali sembrano invece ricche: Sia Allianz che Axa vendono a multipli più ridotti e se è vero che i margini sul risparmio gestito sono più alti in Italia, a motivo di una minore trasparenza regolamentare, è anche vero che Generali ha in pancia centinaia di mliardi di titoli di stato italiani, che con l'avvicinarsi delle scadenze per l'Italia sui quesiti posti dalla UE in merito allo sforamento del deficit di bilancio sono una potenziale bomba a orologeria. E'probabile che Generali perda in ogni caso la sua indipendenza, dopo essere stata impoverita negli anni da cessioni poco lungimiranti di Greco (quote di Banca Generali, gli Stati Uniti, il Messico, la Bsi in Svizzera, ceduta ad un azionista brasiliano che la affossata prima ancor di finire di pagare Generali), ma questo non vuol dire che il suo valore aumenti. Anzi come dice Perissinotto in queste grandi fusioni la storia insegna che si distrugge, non si crea valore. |