Sono stati quelli passati, a partire dalla dichiarazione di Draghi che qualsiasi cosa sarebbe stata fatta per salvare l'euro, i due mesi nella storia di questa crisi europea in cui maggiore e' stata la divergenza tra andamento dell'economia reale in continuo peggioramento e mercati finanziari, euforici. Alcune circostanze non hanno precedenti: la volatilita' del mercato azionario statunitense, dopo le promesse della Fed per quello che oramai viene definito 'quantitative easing infinito" e' ai minimi di sempre. La dichiarata intenzione di sostenere i mercati finanziari creando un effetto di ricchezza indotto che porti la gente a consumare di piu' e quindi a far ripartire l'occupazione ha creato negli investitori la percezione che l' azionario sia la classe di investimento meno rischiosa in assoluto: anche misurando l'effetto cambio, la rischiosita' oggi di un paniere di azioni statunitensi e' inferiore per un investitore italiano, a quella dell'investimento in un BTP. Se la volatilita' rimane bassa pero'anche la propensione ad investire nel mercato azionario diminuisce perche' e' nella dinamica di prezzi che spesso non riflettono i fondamentali delle aziende che l'investitore vede la ragione per investire in borsa. Oggi i contratti future sull'indice Vix che misura la volatilita' attesa per il mercato azionario americano in futuro indicano che gli investitori ritengono che il mercato possa solo salire. Senza mai correggere. L'altra cosa che non ha precedenti e' che ora le esigenze di cassa di Grecia e Spagna richiedono o l'ampliamento dei fondi di salvataggio o la possibilita' che gli stati creditori si riaccollino parte delle quote di sostegno del Fmi. Non si tratta piu' come e' accaduto sino ad ora di mettere ipotetiche garanzie per una ipotetica situazione di insolvenza, ora i soldi bisogna tirarli fuori. Draghi ieri ha chiaramente detto che la BCE non partecipera' a finanziare il nuovo buco, che esce dalle attuali disponibilita' versate nelle casse del fondo di salvataggio, di circa trenta miliardi perche' equivarrebbe a monetizzare il debito corrispondente, in altre parole a stampare denaro per comprarlo, cio' che esce dal suo mandato. Da parte sua il FMI ha detto che non partecipera' alla sua copertura se non e' evidente che il piano di rientro della Grecia, quello che prevedeva il raggiungimento nel 2020 di un rapporto stock di debito/Pil del 120% sia raggiungibile. Il che puo' solo accadere se viene cancellata una parte di quel debito, in altre parole se la Grecia viene lasciata fallire, tetro ma realistico il parallelo di Samaras tra l'attuale Grecia e la repubblica di Weimar prima del nazismo. Allora la Germania dovrebbe tornare dal suo parlamento per chiedere altri soldi, cosa che la Merkel cerchera' di rimandare il piu' possibile in vista delle elezioni. A maggior ragione dovrebbe farlo per la Spagna, dove lo stress test sulle banche e' stato condotto considerando sufficiente un "tier one", un coefficiente di patrimonializzazione, del 6%: i test in Irlanda erano stati fatti con una soglia del 9%, applicando lo stesso parametro risulterebbe che le banche spagnole hanno bisogno non di 53 ma di 100 miliardi, come sostiene correttamente Moody's. La Finanziaria spagnola e' inoltre fatta sull'ipotesi che il Pil scenda dello 0,5% nel 2013, ieri sera la Banca di Spagna afferma che si tratta di uno scenario impossibile. Non e' come si legge spesso inq uesti giorni sulla stampa che la Spagna non vuole chiedere aiuti e' la Germania che non vuole darglieli. Riteniamo che l'unica circostanza in cui i Tedeschi potrebbero sostenere queste nuove richieste, che per cassa, tra Spagna -solo per le banche- e Grecia ammontano a ottanta miliardi per novembre, sia che gli stati in difficolta' rinuncino alla loro autonomia fiscale. Ma le speculazioni poi si ribalterebbero sull'Italia, dove serve ben piu' del decreto anticorruzione presntato dalla Severino per far sloggiare i politici dalle loro poltrone. L'ultima volta che abbiamo avuto una sensazione di cosi' forte distonia tra realta' e valutazioni di mercato e' stato durante la bolla internet a cavallo del millennio. Come molti altri alla fine ci convincemmo che quella volta il mondo era cambiato per sempre, andando a comprare aziende i cui titoli sembrava potessero solo salire. Oggi il Rischio di pensare che anche qui si sta scrivendo una storia nuova e' altissimo. In passato pero'non e' mai successo che alla fine economia reale e mercati non dicessero la stessa cosa, sempre essendo l'economia reale a guidare finalmente il processo di ritorno alla realta'. Speriamo che non siano le rivolte sociali, che oramai iniziano a coinvolgere anche il nostro paese, a dover convincere i politici che non sono le banche centrali che possono aggiustare le cose, ne' decreti sviluppo inconsistenti come quello presentato nei giorni scorsi. |