Ottava difficile per le principali borse mondiali, che in massima parte chiudono con saldi negativi. A differenza di quanto avvenuto nelle piazze dellEstremo Oriente, dove sin dallinizio Tokio ha evidenziato una tendenza riflessiva, sul versante europeo lavvio di settimana era stato di segno positivo. Ad infondere buon umore negli investitori erano state le numerose voci di nuove operazioni di fusione tra giganti industriali, un fenomeno che si sta vieppiù diffondendo nellUnione Europea. In Giappone, invece, sono state le smentite di uneconomia in piena ripresa a scoraggiare il mercato azionario.
Anche a Wall Street, però, lorizzonte è apparso piuttosto offuscato. Causa principale è la politica monetaria, che da diversi mesi sta operando in favore di una prolungata stretta creditizia da cui è derivato il conseguente incremento dei tassi dinteresse. Secondo le ultime considerazioni provenienti dalla banca centrale, questa tendenza non sembra destinata ad esaurirsi nel breve termine, il che di certo non facilita linteresse degli investitori per i titoli azionari. Daltro canto, la Federal Reserve mira fondamentalmente a tenere a bada le crescenti pressioni inflazionistiche, il cui indice dei prezzi al consumo sembra essersi fortemente avvicinato al limite della soglia ritenuta accettabile dalla banca centrale. La borsa statunitense ha potuto in seguito beneficiare del ridimensionamento delle quotazioni petrolifere, ma ha dovuto fare i conti con alcuni allarmi utili lanciati da importanti gruppi aziendali.
Ne consegue che landamento delle sedute è stato visibilmente irregolare, condizionando sfavorevolmente gli azionari europei, che hanno bruscamente mutato segno. Ad appesantire i listini del Vecchio continente è stato anche il messaggio del presidente della BCE, Jean Claude Trichet, secondo cui anche lEuropa è matura per una stretta monetaria. Come se non bastasse, il deprezzamento del greggio ha penalizzato il settore dei titoli energetici, con gli investitori interessati a monetizzare parte delle plusvalenze accumulate negli ultimi mesi, in questo comparto. Degno di menzione è, infine, il ritorno al listino italiano del titolo Parmalat che giovedì, a 22 mesi dal crack, ha esordito con un vero e proprio boom: in un solo giorno è stato scambiato il 17% del capitale e il titolo ha chiuso a 3,025 euro, ossia un valore ben più alto delleuro Nominale. Venerdì, tuttavia, le quotazioni si sono sensibilmente deprezzate. a cura di Corner Banca |