La popolazione urbana aumenta in tutto il Mediterraneo, ma molto più nel Sud: in Marocco siamo al 700% in 50 anni, in Egitto al 400%. In Italia le città crescono poco e soprattutto per l''immigrazione. I dati sono stati illustrati dall''Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr nell''ambito di un convegno, insieme alle tendenze demografiche del bacino: la natalità mediorientale e nordafricana resta più alta di quella dell''Ue, ma il divario va riducendosi Le città e i sistemi urbani come elemento della comune identità mediterranea, pur nella varietà di forme, dinamiche e funzioni: questo l''oggetto del seminario su "Coesione sociale, identità mediterranea e popolazione nei sistemi urbani del Mediterraneo: fondamenti per le politiche di sviluppo sostenibile", svoltosi oggi presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. L''occasione è servita per presentare alcuni dei primi risultati del progetto Fisr-Cnr, prossimo alla chiusura dopo due anni di lavoro di cinque gruppi di ricerca Cnr ed universitari su temi come la fecondità, i modelli famigliari, il sommerso nelle economie, le politiche per lo sviluppo e la cooperazione. Il prof. Giuseppe Gesano, dirigente di ricerca dell''Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, ha illustrato le linee di tendenza nel periodo 1970-2030 a partire dal dato generale della popolazione: l''Unione Europea dei 15 più Malta dovrebbe passare da 150 a 180 milioni di persone circa, l''area balcanica si mantiene intorno ai 25 milioni, quella del Nordafrica dovrebbe triplicare i 70 milioni di abitanti iniziali, come pure quella mediorientale (da 50 a 150). Anche il numero di madri potenziali (donne di 15-49 anni) nei 60 anni mostra un divario enorme: considerando come indice di riferimento 100 i valori nell''anno 2000, si passa da circa 45 del 1970 a poco meno di 150 nel 2030 in Medio Oriente e Nord Africa, e da 90 a 80 circa nell''Ue e nei Balcani. Il diverso andamento si riflette sulla popolazione lavorativa potenziale, che in M.O. e Africa settentrionale tende a quadruplicare (da poco più di 40 a oltre 160) e in Ue ed ex Jugoslavia sale dagli iniziali 80 di appena 10 milioni, con una stabilizzazione assoluta tra il ''90 e il 2020. Si devono però evidenziare aspetti di segno diverso, a cominciare dalla fecondità, che pur scendendo nell''Ue e nei Balcani dai 2,5 figli per donna del 1970 all''1,8 del 2030 vede dal 2000 una leggera ripresa. Ma soprattutto colpisce il crollo in Nord Africa e Medio Oriente, partiti rispettivamente da 6,5 e 5,5 e proiettati entrambi verso i 2 figli circa. Anche il divario per la speranza di vita tra i Paesi mediterranei più e meno longevi si riduce sensibilmente: era di 20,8 anni nel 1970, è sceso a 11,4 nel 2000 e sarà di 8,5 nel 2030. Partendo da differenze abissali, si riscontra quindi una certa convergenza. L''invecchiamento della popolazione riguarda tutto il Mediterraneo, anche se in Maghreb e Medio Oriente si passa dal 4 al 9% di ultrasessantacinquenni, mentre in Ue e Balcani dal 9 e 7% al 20% circa. L''invecchiamento della popolazione lavorativa potenziale vede invece ai due estremi l''Ue, dove il rapporto tra 15-39enni e 40-65enni scende dall''1,25 allo 0,6 (il sorpasso degli over 40 è in corso in questi anni), e il Nord Africa, che però vede un decremento, dal 2,3 all''1,7-1,8%, dopo una fase di crescita che ha visto il suo picco nel 1995 con il 2,5%. Passando alle trasformazioni della città mediterranea, sono intanto da porre ai quattro vertici: la Giordania, Paese mediterraneo con la maggior crescita di popolazione rurale (+3%), all''opposto di Malta con -2,5%, e la Palestina, +4,5% di popolazione urbana (seguita dalla Bosnia con il 4), contrapposta allo zero della Slovenia. Sincronie, parallelismi e contrapposizioni nella crescita della popolazione urbana sono stati poi rilevati attraverso l''analisi di Italia, Portogallo, Marocco ed Egitto nel periodo tra 1950 e 2000. Prendendo come parametro iniziale 100, il nostro Paese è tra i quattro quello che ha visto la minore crescita di popolazione urbana, giunta a fine secolo a un indice di poco superiore a 150. Fino al 1970, a contribuire all''incremento sono state la popolazione attesa (cioè la crescita demografica dei già residenti) e il fenomeno di urbanizzazione (spostamenti da campagna e provincia oppure ampliamento del centro urbano), mentre dagli anni ''70 si rileva l''apporto dell''immigrazione internazionale; negli anni ''80 i residenti urbani sono sostanzialmente stabili, totalmente nella seconda metà del decennio; dal ''90 l''incremento riprende, anche se a ritmi assai più ridotti, e il contributo dato dall''immigrazione diventa prevalente e quasi esclusivo verso la fine del secolo. Il Portogallo nei 50 anni esaminati ha subito un incremento di popolazione urbana del 320-330 %, avendo come causa prevalente la mobilità interna al Paese. La massima espansione si è registrata negli anni ''80, sempre in virtù dell''urbanizzazione. Due soli lustri vedono l''apporto di immigrati: il 1975-80 e il ''95-2000. Il Marocco mostra un ritmo di crescita della popolazione urbana dal 1950 al 2000 di quasi il 700%! L''espansione prosegue con un andamento continuo ed esponenziale, in virtù di un contributo fornito all''incirca per la metà ciascuno da nuovi urbanizzati e crescita demografica dei già residenti. L''Egitto si attesta su una crescita di poco più del 400%, nell''ultimo ventennio causata esclusivamente dalla popolazione attiva. Nel periodo si individuano tre fasi: tra il 1950 e il ''55 l''aumento è dato da urbanizzazione e immigrazione, tra il ''55 e l''80 da urbanizzazione e popolazione attesa, con la prima che però aumenta progressivamente di incidenza, divenendo dall''80 al 2000 l''unico fattore di crescita della popolazione cittadina. La complessità del quadro demografico mediterraneo è stata evidenziata al seminario dal prof. Massimo Livi Bacci: "Negli anni ''60-70 ci si disperava per l''incremento nell''area Sud, dove si arrivava a sette figli per donna. Ora è subentrata una posizione altrettanto esagerata di ottimismo e si parla di fine della crescita del mondo arabo, a mio avviso arrischiando. Le ultime proiezioni Onu, molto aggiornate nonostante una tendenza lievemente ottimistica, parlano di un Nord Africa e di un Medio Oriente sotto il livello di rimpiazzo a partire dal 2030-2040, in funzione dell''aumento dell''istruzione femminile a cui, però, non fa riscontro una parallela crescita dell''inserimento delle donne nel mondo del lavoro". Secondo Livi Bacci occorre "tenere l''area sotto controllo": anche se "il comportamento dei Paesi arabi di oggi appare molto simile a quello dei Paesi occidentali", non si può "pensare di imporre la linearità demografica. Lo attesta l''Egitto che, nonostante la pianificazione della natalità avviata dagli anni ''60, ha avuto un andamento estremamente accidentato". |