Per raccogliere denaro sul mercato dei privati che fuggono dai conti correnti e sostituire la raccolta interbancaria che sta diventando molto difficile, alcune banche ricorrono ad emissioni di obbligazioni "perpetue", il cui funzionamento non è a nostro parere del tutto chiaro al grande pubblico. Si tratta di strumenti che pagano cedole molto alte (anche del 9%), senza una scadenza, dove però il pagamento della Cedola è subordinato di regola al pagamento di un Dividendo da parte della banca. Una volta sottoscritte, quindi l'investitore si trova in portafoglio titoli che non hanno un mercato secondario, che quindi non saranno con ogni probabilità mai vendibili e di sicuro non rimborsati, con la promessa, che è pero aleatoria, di una Cedola annuale molto alta. La Banca d'Italia assimila questi strumenti a capitale. La banca quindi non vede peggiorare, almeno nella forma, il suo passivo e in più non trattandosi di titoli con diritto di voto, non vede diluirsi il suo capitale. Se però la banca smette di pagare il Dividendo (non ci sembra impossibile di questi tempi) le cedole vengono sospese ed il cliente si trova in portafoglio titoli che è difficile possa rivendere. La cosa più sorprendente è il trattamento contabile che l'istituto di sorveglianza concede a questi strumenti. Che strumenti del genere possano essere assimilati a capitale non è un passo verso la trasparenza che tanto viene richiesta al sistema. Di tante riforme di cui si parla in Italia, la più urgente sarebbe quella del funzionamento del sistema finanziario.Eppure nonostante le proposte di Draghi andassero in quel senso, le banche sono riuscite ad ottenere che la tanto attesa separazione tra le attività creditizie e quelle di gestione dei patrimoni non prenda forma Il risultato è che in Italia non vi sono risorse per rilanciare aziende che in alcuni casi trattano in borsa a prezzi ridicoli ma che rischiano di morire per mancanza di circolante mentre sono pochissime le manifestazione di interesse dall'estero. |