Se la riforma sulle pensioni passa in parlamento, la conseguenza maggiore non sara' l'innalzamento dei minimi contributivi sopra i quarant'anni. Sentiamo molti commmenti indignati da lavoratori vicino alla pensione: giustificati, se si considera che prima di varare queste riforme nessuno si prende la briga di spiegare alla gente che comunque, in assenza di radicali cambiamenti, la pensione, nei temini ora previsti, non la prenderanno, perchè i soldi non ci sono. Nel regime contributivo un pensionato riceve esattamente quanto versato, unito ai frutti dell'investimento in cui quelle risorse sono finite nel corso degli anni. Ci attendiamo quindi che l'Inps si avvalga di ottimi professionisti per gli investimenti: a prescindere da quanti anni una persona lavora, se gli investimenti sono fatti male, come accade in molte forme obbligatorie di previdenza complementare - una su tutte l'Enasarco che si e' bruciata somme stratosferiche - puo' accadere che il pensionato percepisca molto meno di quanto si aspetti. Con l'aria che tira in Italia sara' invece piu' probabile che larga parte di queste risorse siano investite in titoli di stato, dando luogo ad un nuovo legame pericoloso, oltre a quello tra banche e Tesoro, ovvero tra Inps e Tesoro. L'altra cosa cui bisogna pensare e' che se una persona fa vent'anni come dipendente e poi diventa, per scelta, ma di questi tempi spesso per necessita' (magari in seguito ad un licenziamento) indipendente, i due regimi contributivi non si cumulano, quindi in pensione si va solo se si e' risparmiato abbastanza, perche' non si saranno raggiunti i quarantuno anni in un solo regime contributivo. Sono queste le cose che bisognerebbe spiegare. |