Dopo tre settimane dall'ultimo aggiornamento ritorniamo potendo affermare che la prudenza che avevamo più volte consigliato si è rivelata opportuna. Tutti i mercati azionari hanno corretto nel periodo mentre i mercati obbligazionari hanno tenuto, a partire dai titoli obbligazionari governativi dei paesi europei Tripla A. A seguito della riduzione dei rendimenti dei Tripla A anche i nostri BTP hanno però generato un > rendimento di periodo positivo: l'allargamento dello Spread è stato più che compensato dalla riduzione dei rendimenti tedeschi, per cui il rendimento dei nostri titoli di stato è sceso in valore assoluto, ed il loro prezzo è salito. Avevamo suggerito 3 settimane fa di tenere queste obbligazioni (pur consigliando una piccola riduzione dell'esposizione ai BTP) così come di ridurre l'esposizione azionaria europea.
Il quadro politico in Europa. Il fattore di maggiore destabilizzazione nel periodo erano attese essere le elezioni presidenziali francesi e quelle parlamentari greche. Mentre le prime, dopo la prima settimana di ballottaggio, hanno moderato i loro effetti sui mercati, addirittura come vedremo cominciando a modificare l'atteggiamento rigorista della Germania, le elezioni greche hanno generato la temuta situazione di balcanizzazione del parlamento locale, ricreando un onda di timore sulla permanenza del paese nell'Euro e così destabilizzando nuovamente tutta l'area. La situazione attuale in Grecia sembra propendere verso nuove elezioni in giugno, vista l'impossibilità di formare una maggioranza di governo. Questo esito sarebbe gradito ai mercati: si stima infatti che, dopo un primo turno elettorale dominato dal ribellismo, il ritorno alle urne spinga l'elettorato greco nuovamente verso i partiti più tradizionali (Pasok e Nuova Repubblica), che sono esplicitamente europeisti. Il quadro generale europeo è però cambiato nelle ultime 3 settimane: la vittoria di Hollande ha portato la Germania a rivisitare (anche se non ancora esplicitamente) il suo approccio rigorista. Non si può far finta di niente quando i popoli mandano segnali forti. A ciò si aggiunge il fatto che anche l'opposizione interna alla Germania (SPD e Verdi)sta riacquistando vigore, e questi partiti hanno da tempo affermato di voler aiutare di più i paesi europei in difficoltà esprimendo un maggior sostegno ai progetti di crescita, anche se finanziati in disavanzo. Molto sorprendente poi la prima pagina di oggi del Financial Times dove, del tutto inaspettatamente, campeggia la segnalazione della volontà, da parte della BundesBank, di accettare un maggior livello di Inflazione interna in Germania come parte di un processo di ribilanciamento economico dell'Eurozona che consenta un miglioramento di competitività dei paesi più colpiti dalla crisi del debito sovrano. Nel nostro ultimo aggiornamento del 16 aprile avevamo affermato che una delle condizioni necessarie per procedere verso la chiusura della crisi fosse proprio l'accettazione di un maggiore tasso di Inflazione interna da parte della Germania. Come ribadisce l'FT, questa accettazione segnala "una nuova flessibilità nel modo di pensare tedesco". Il quadro politico europeo pare pertanto si stia aprendo a possibilità di collaborazione tra i paesi dell'Unione finora non contemplate né dai commentatori né dai mercati: noi riteniamo che cambi di rotta strategici non siano imminenti ma al tempo stesso pensiamo che questi segnali di cambiamento portino a nuovi indirizzi strategici nei prossimi mesi. Qualche settimana fa abbiamo individuato nel G20 da tenersi in Messico a giugno un punto di svolta decisionale nella gestione della crisi debitoria mondiale, ed europea soprattutto, e rimaniamo di questa idea. Riteniamo infine, con una dose di possibilismo, che la situazione greca porti a nuove elezioni migliorative rispetto alle attuali: nel frattempo, chiunque sia l'incaricato ad interim, riceverà chiamate di Draghi, Merkel o Lagarde perché il paese onori gli obblighi di pagamento da effettuarsi a maggio sui debiti nei confronti di privati ed ECB, mentre un alleggerimento delle condizioni richieste per ottenere le prossime tranche di prestiti verrà presentato come possibile. I politici fuori dalla Grecia chiederanno ai politici greci del tempo per cambiare queste condizioni,ed i politici greci si adopereranno per calmare le turbolenze interne. È acclarato infatti che la maggior parte della popolazione greca voglia rimanere all'interno dell'Euro. Una nota relativa alla ormai consueta cacofonia che si scatena ogni volta che la situazione in Grecia si riacutizza per qualche motivo: una parte dei commentatori, compresi alcuni uomini di mercato, rilancia con leggerezza l'ipotesi dell'uscita della Grecia dall'euro, come se fosse un male minore ed un'ipotesi facilmente percorribile. La drammaticità di questo evento viene completamente sottovalutata, tanto si è arsi dal desiderio di esprimere un'opinione in merito. Ieri sul Corriere è comparso un piccolo articolo di Fubini. Il giornalista, finalmente con serietà porta all'attenzione dei lettori il fatto che un'uscita della Grecia dall'Euro potrebbe generare un contagio su altri paesi, come Irlanda, Portogallo, Spagna ed anche Italia. Il contagio si genererebbe attraverso la fuga di massa dai depositi delle banche locali da parte dei cittadini di questi paesi e l'apertura di depositi presso le filiali delle banche di paesi ritenuti sicuri, come la Germania, o la Svizzera. Fubini cita Arnaud Mares di Morgan Stanley, che noi abbiamo letto 2 mesi fa (il suo report è del 22 febbraio 2012) e che non possiamo allegare perché Morgan Stanley vieta la riproduzione senza preventivo permesso delle sue analisi (la ricerca si intitola: "Pil Debt Due Us Part" e può essere ricercata sul web). Il concetto che Mares esplicita è che, se la Grecia lascia l'Euro, l'Euro diventa REVERSIBILE, mentre ora NON LO È. Altri paesi potrebbero pertanto lasciare l'Euro. Ma se l'Euro diviene reversibile allora la moneta EURO non sarebbe più FUNGIBILE, cioè uguale ovunque all'interno dell'area. Ci sarebbero EURO più euro di altri, da cui la fuga dei depositanti dei paesi deboli verso le banche espressione dei paesi forti, i paesi Tripla A o la Svizzera o gli Stati Uniti. Ma non è finita: riprendendo un ragionamento di Tommaso Padoa Schioppa di 30 anni fa, Mares afferma che se l'Euro andasse sotto attacco e si disgregasse si dissolverebbe anche il Mercato Comune. Si perderebbero 60 anni di lavoro e collaborazione tra i popoli. Veramente le conseguenze sarebbero inimmaginabili. Conclusione: la Grecia NON può uscire dall'EURO, pena il decadimento descritto. Noi crediamo che i politici più accorti in Europa siano consapevoli di questo Rischio e che si muoveranno di conseguenza. Conclusioni. Non è ancora il momento di tornare sulle azioni europee né di sovrainvestire sui titoli di stato dei paesi europei periferici. L'instabilità sui mercati temiamo perdurerà fino al G20 di giugno, e forse ancora oltre. Suggeriamo per il momento di mantenere l'esposizione esistente sulle obbligazioni governative Tripla A europee e l'esposizione in dollari americani. Sull'azionario, la preferenza rimane per ora verso l'equity statunitense, anche se anche quel mercato sarà influenzato dalle performance negative dell'azionario europeo. L'esposizione sulla valuta dovrebbe però in parte compensare il Rischio di consolidamenti. L'equity europeo è più a buon mercato di quello americano ma non ha "momentum". Dal terzo trimestre dell'anno secondo noi l'attrattività delle azioni europee aumenterà in coincidenza con un' auspicata stabilizzazione della crisi del debito sovrano. Manteniamo la moderata esposizione verso i paesi emergenti, e cominciamo a raccogliere titoli di aziende dell'industria dei metalli preziosi, oro in particolare. Massimo Fortuzzi, Amministratore Delegato |