17-08-2005

Riforma delle pensioni, a quando?

La proposta Maroni per la riforma del sistema pensionistico sta incontrando tutta una serie di resistenze da parte delle parti sociali, soprattutto su due questioni fondamentali:

a) La destinazione per silenzio assenso del T.f.r. a forme di previdenza integrativa;
si tratta di un ammontare potenziale di circa 10 Milardi di Euro all''anno.
In assenza di indicazioni differenti da parte del lavoratore, il trasferimento avverrebbe in via automatica. I sindacati pretendono invece di mantenere l'ultima parola su ogni singolo caso. Va tenuto presente che i fondi a contrattazione collettiva vedono una rappresentanza importante dei sindacati nei loro consigli di amministrazione: l'opposizione sembra più dettata da ragioni di potere che di vera difesa dei diritti del lavoratore.
b) L'equiparazione dei fondi a contrattazione collettiva (secondo pilastro) coi piani di previdenza individuali (PPI, terzo pilastro). Anche qui l'opposizione dei sindacati è basata su questioni di potere, perchè è evidente che il lavoratore che scegliesse un PPI al posto di un fondo negoziale escluderebbe a piè pari il loro intervento. Una delle critiche avanzate dai sindacati è però sensata: tale equiparazione darebbe un enorme vantaggio a società che già hanno un piede nei prodotti assicurativi a carattere finanziario, in particolare a Mediolanum che è partecipata da Fininvest ovvero dalla famiglia Berlusconi. Qui il problema non è però della riforma sulle pensioni ma dipende dalla mancanza di una vera norma sul conflitto di interessi che impedisca al potere politico di legiferare su questioni in cui ha anche interessi privati. Sul punto i sindacati potrebbero ottenere una differenziazione delle due forma a patto che favorissero la costituzione di fondi negoziali aziendali, che hanno sempre osteggiato per motivi di lobby, e non più di categoria. Non si può combattere interessi privati in questioni pubbliche se non si adotta contestualmente una linea di comportamento coerente.


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