Il neo presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, non avrà vita facile nei prossimi mesi. La maggioranza degli analisti, infatti, ritiene che i compiti del governatore nello stabilire i futuri orientamenti di politica monetaria saranno resi più difficoltosi dallavanzare della globalizzazione. In sostanza, si dice, i fattori che fino ad ora hanno concorso in maniera determinante alle scelte della FED, nellimmediato futuro non saranno più sufficienti, poiché ad essi dovranno essere aggiunti gli effetti delle nuove condizioni congiunturali venutesi a creare con il processo di integrazione mondiale. Adeguare la politica monetaria ad uneconomia globale non è unimpresa facile per nessuna nazione, ma lo è ancor meno per gli Stati Uniti se si considera il loro ruolo di guida a livello planetario. La globalizzazione, infatti, aumenta le difficoltà nello stabilire un livello di tassi dinteresse che consenta alleconomia di crescere, evitando al contempo rigurgiti inflazionistici; il suo influsso sulla politica monetaria non è dato solo dalleffetto che genera sui prezzi dei prodotti perché, in realtà, le forze di un mercato internazionale così concatenato incidono sulla curva dei prezzi in maniera molto pervasiva. Linfluenza dellintegrazione economica sta quindi assumendo contorni sempre più marcati, al punto tale da insediarsi anche in ambiti precedentemente trascurati nella determinazione della strategia monetaria. Non è un caso, in effetti, che durante la sua prima audizione al Congresso tenuta a metà febbraio, Bernanke abbia ribadito limportanza della flessibilità nelle decisioni strategiche. Ha asserito con insistenza che le autorità monetarie internazionali devono assumere un atteggiamento di estrema apertura, di fronte alla miriade di condizionamenti creata dallinterconnessione delle economie mondiali. Il governatore della FED è sicuramente consapevole che alcune delle misure finora impiegate nella determinazione della politica monetaria, quali lirrigidimento del mercato del lavoro o la diminuzione della capacità produttiva tradizionalmente usate per misurare la pressione salariale sulla curva dei prezzi, stanno divenendo sempre meno attendibili. Esemplificando, se a gennaio il tasso di disoccupazione era del 4,7% e lutilizzo degli impianti produttivi dell81%, in un contesto di economia globale è più difficile interpretarne lincidenza sullInflazione, poiché non si terrebbe conto dei numerosi altri fattori che concorrono allandamento dei prezzi. La ricerca di una posizione neutrale dei tassi dinteresse, vale a dire che non stimolino troppo o non soffochino la crescita, è resa ancora più gravosa dalla parallela apertura del mercato dei capitali. Secondo alcuni economisti, sottolinea in unanalisi il settimanale Business Week, la mancanza di opportunità di investimento al di fuori degli Stati Uniti, dovrebbe far sì che il livello neutrale dei tassi sia ancora più basso di quello attualmente perseguito dalla FED. Un discorso, però, faticosamente accettabile per la banca centrale americana, in quanto starebbe a significare che la politica di restringimento del credito attuata nellultimo anno dovrebbe essere giunta al termine. Ma, in realtà, è noto che finora la FED non ha manifestato alcuna intenzione di voler modificare questo orientamento, poiché ritiene che le pressioni inflazionistiche siano tuttora troppo elevate. La portata della globalizzazione risulta particolarmente evidente leggendo i dati USA sulla Bilancia commerciale di dicembre. Il volume annuo dellinterscambio USA, dato dalla somma algebrica delle esportazioni e delle importazioni, ha totalizzato 3'300 miliardi di dollari per lintero 2005. Tale volume è praticamente raddoppiato in appena 10 anni e non solo: con lesordio del 2006, la crescita dellinterscambio si è addirittura impennata, sia sul fronte dellexport che dellimport, per cui si ritiene che anche lanno in corso mostrerà unulteriore accelerazione. Daltro canto, la robustezza della dinamica espansionistica cinese e delle altre nazioni asiatiche, come pure il miglioramento del quadro congiunturale in Giappone, rendono vieppiù plausibile leventualità di un rafforzamento dellinterscambio commerciale USA. Un sintomo preoccupante della globalizzazione, a tal riguardo, è dato dal persistente squilibrio a livello mondiale, confermato proprio dallallargamento del deficit della Bilancia commerciale USA: limport avanza più dellexport. Questo drammatico ampliamento illustra ancora meglio quanto le economie stiano diventando interdipendenti, al punto tale da incidere sul tenore di vita delle singole nazioni. Ad esempio, la Cina conta sui mercati esteri, specialmente quello americano, per raccogliere i fondi necessari a sviluppare la sua economia. Le importazioni a basso prezzo alimentano il potere dacquisto dei consumatori USA e le economie emergenti dellAsia ne beneficiano, dato che la Cina affida a queste ultime la produzione di alcuni materiali, che poi rivende sulla piazza internazionale. Nel frattempo, però, il disavanzo commerciale USA seguita ad allargarsi. |