Ieri l'ex amministratore delegato di Veneto Banca, "declassato" a direttore generale dopo il colpo di mano dei vecchi soci ha dichiarato che l'aumento di capitale è rischiosissimo e che Veneto deve necessariamente andare verso una fusione. Dichiarazioni strane per un direttore generale di una banca se non se ne estrae il contesto. I vecchi soci di Veneto vogliono il controllo della banca non perchè pensino sia un buon investmento ma perchè sono anche i principali debitori dell'istituto. Tutte queste banche piccole in difficoltà vivono di questo legame pericoloso dove un socio magari compra 1 euro di azioni e ne riceve, direttamente o indirettamente 10 in prestito. Renzi poi ha messo una sua esponente alla sorveglianza con il nuovo consiglio, sperando così di presidiare al processo di fusione delle popolari, la signora ha partecipato al progetto di riforma delle popolari, e offrendo ai vecchi soci la speranza che l'aumento fosse sottoscritto da altri (ieri Mediobanca si è ritirata). Carrus, il direttore generale che era stato voluto da BCE come amministratore delegato, rema ora nella direzione contraria tentando di non far quotare la banca in modo che sia attratta nell'orbita di Atlante per una fusione con Veneto. Atlante mette ua condizione di partecipazione di maggioranza assoulta per prendere parte alle operazioni, il che, non avendo i soci di Veneto 500 milioni (ancora, sono i maggiori debitori della banca), vuol dire che comunque il consiglio sarebbe spazzato dall'ingresso di Atlante: a questo punto i vecchi soci non hanno nessun interesse a partecipare. Se questa altra operazione fallimentare porterà conseguenze sull'aumento di capitale di Popolare potremmo vedere nel giro dei prossimi due mesi la più grave crisi bancaria del dopoguerra. |