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23-01-2006

Banche giapponesi alla riscossa

Lo scorso 4 gennaio l''industria bancaria del Sol Levante è stata teatro di un evento di estremo rilievo: la nascita della maggiore banca del mondo.
Con 1''600 miliardi di dollari di attivo, la "Bank of Tokyo-Mitsubishi UFJ, Ltd." ha fatto il suo ingresso tra i colossi della finanza internazionale, superando Citigroup, passato ora al secondo posto. Questa nuova realtà bancaria deriva da una sorta di "megafusioni": Mitsubishi UFJ Financial Group, costituitasi lo scorso autunno e posizionata in testa agli istituti specializzati nel retail banking; Mizuho, la seconda banca del Giappone nata nel 2000 dalla concentrazione di altri gruppi bancari; Sumitomo Mitsui, anch''essa sorta dalla fusione di due banche, nel 2001.
Proprio in quegli anni, ossia all''inizio del nuovo millennio, tutti questi giganti della finanza navigavano in cattive acque, tanto che il governo dovette intervenire per evitare un tracollo del sistema finanziario. A distanza di 5-6 anni, cos''è cambiato nel panorama bancario nipponico?

Certamente molto. Lo sottolinea in una sua analisi il settimanale "The Economist", secondo cui i finanziamenti pubblici e l''irrigidimento dei regolamenti bancari hanno contribuito in maniera decisiva a far riemergere le banche dalle sabbie mobili in cui erano sprofondate. Le quotazioni in borsa sono nel frattempo risalite, dopo aver toccato il fondo nel 2003, i prestiti inesigibili sono stati cancellati e le perdite trasformate in profitti. Lo scorso autunno, infatti, le banche hanno annunciato utili record, per la prima metà dell''anno.

Forti di questa rivincita, gli istituti di credito giapponesi si affacciano ora oltre i confini e, per la prima volta dal terremoto finanziario che scosse l''Asia nel biennio ''97-''98, mirano a consolidare la loro presenza sulla piazza internazionale. Basti pensare che, pochi giorni dopo la sua costituzione, la Bank of Tokyo-Mitsubishi UFJ si è trovata al centro di voci che la vedono proiettata nientemeno che verso la Cina; sembra, infatti, che il nuovo gigante voglia investire 300 milioni di dollari nella Bank of China, una prima assoluta per le grandi banche nipponiche. Tutto ciò fa ritenere che i colossi bancari del Sol Levante abbiano definitivamente svoltato l''angolo, per incamminarsi verso un futuro meno denso di nubi. Non tutto, però, è stato completamente risolto.

Anzitutto, è bene sottolineare che senza i finanziamenti statali la loro ripresa non sarebbe stata nemmeno concepibile. Molti istituti, pertanto, si trovano nelle condizioni di dover restituire i prestiti ricevuti. Mizuho, per esempio, ha un residuo di 600 miliardi di yen in fondi pubblici che dovrebbe rimborsare allo Stato entro la fine del 2006, mentre per Mitsubishi UFJ e Sumitomo Mitsui i tempi saranno più lunghi. Gioca a loro favore, in maniera rilevante, la ripresa della crescita economica che, se dovesse proseguire in questa direzione, continuerebbe a sostenerle durante la loro fase di risalita.

Secondo alcuni analisti, tuttavia, dato che gli utili conseguiti ultimamente da queste banche derivano principalmente da storni e cancellazioni, la redditività reale resta tuttora fortemente sottodimensionata rispetto agli standard internazionali. Per esempio, nel settore dei finanziamenti aziendali, che rappresenta l''attivià principale dei colossi bancari nipponici, il mercato è attualmente in subbuglio: sui crediti di minore entità sono applicati tassi molto più bassi e favorevoli rispetto a quelli dei grossi finanziamenti, in parte perchè la scadenza è più breve e, inoltre, perchè imporre costi del denaro più elevati alle aziende, proprio in un contesto di ripresa congiunturale, significherebbe metterle con le spalle al muro e strozzare la crescita. La redditività nel settore dei crediti, presumibilmente, comincerà a migliorare quando la banca centrale abbandonerà la politica dei tassi d''interesse a zero, un cambiamento di rotta che molti si augurano avvenga già nel 2007. A quel punto, i tassi sui prestiti dovrebbero salire più velocemente di quelli sui depositi, con conseguenti benefici per gli utili delle banche.

La maggioranza degli analisti prevede, tuttavia, che le società in futuro cercheranno di finanziarsi soprattutto attraverso il mercato dei capitali piuttosto che con i prestiti bancari. E non è certamente un'' illazione se si osserva da vicino la strategia attualmente perseguita dalle grandi banche.
Le loro politiche, infatti, mirano a migliorare e rafforzare l''attività di retail banking e quella dei finanziamenti alle imprese di piccola e media dimensione, con il preciso obiettivo di crearsi un''alternativa e tenersi pronte, nel caso in cui le grandi società nipponiche decidessero di attingere denaro ad altre fonti.

Naturalmente si tratta di uno spostamento di rotta significativo per le grandi banche che, in passato, avevano trascurato visibilmente questi servizi in special modo quelli del settore retail. Oggi stanno dunque tornando a dare importanza al piccolo cliente, mostrando una certa aggressività anche a livello di marketing: molti sportelli sono aperti al pubblico anche durante il fine settimana e sta nuovamente aumentando il numero delle filiali.

In sostanza, le politiche di sviluppo per i prossimi anni mirano a restituire valore ed importanza a tutti i settori dell''offerta bancaria, allargando la gamma dei servizi a 360 gradi. Ed in quest''ottica rientra anche l''attrazione per la piazza estera, ora divenuta
l''ambizione dei colossi bancari giapponesi, chiaramente intenzionati ad estendere le possibilità di futuri guadagni.

a cura di Cornèr Banca SA


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