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08-06-2005

Economia e mercati finanziari a giugno 2005

Vi ricordate quale e’ stato il minimo toccato dai mercati nell’ ultimo quinquennio e quando ciò e’ avvenuto ?
E’ molto importante avere sempre in mente questi due numeri e non tanto perchè, come già detto in varie occasioni, rappresenta il punto di partenza per valutare la performance ottenute dai nostri fondi, ma perchè ci aiuta a capire il motivo per il quale i mercati azionari non sono riusciti sino ad oggi a conquistare quel +30% nelle quotazioni che permetterebbe loro di recuperare il Fair Value.

La prima settimana di ottobre 2002 eurostoxx quotava 2145 punti e standard & poor’s 776 punti. Da allora l’ eurostoxx ha recuperato il 45% e lo S&P il 51% (ridotto a un +17% in euro) Nello stesso periodo i fondi europei hanno recuperato il 22% e i fondi specializzati USA il 7%.
Questo semplicemente dimostra che il sistema fondi ha dimezzato l’ esposizione azionaria effettiva a ottobre 2002 e deve ancora rientrare (a proposito il nostro fondo azionario europeo nello stesso periodo ha guadagnato il 42% mentre quello internazionale il 34%).
Per un rialzo deciso degli indici azionari mancano all’ appello gli investitori istituzionali.
Un’ altro modo di verificare la veridicità di tale affermazione e’ l’ osservazione del premio al Rischio pagato all’ investitore sul mercato azionario : secondo il nostro modello valutativo il premio al Rischio (calcolato sul tasso dei titoli trentennali) risulta oggi pari al 1,6% contro un media storica effettiva dal 1987 ad oggi di 0,37

Viene allora spontaneo chiedersi : PERCHE’ IL PREMIO AL Rischio E’ COSI’ ALTO ?
Dipende dalla condizione, dallo status soggettivo dell’ investitore che osserva la realtà.
La realtà cosa ci mostra oggi ?
Che i tassi di interesse a lungo termine sono in assoluto bassi (4,5% quello a 30 anni negli USA) e che gli utili aziendali (quelli su S&P) sono saliti del 98% dal 2002 ad oggi.
L’ investitore che rimanendo completamente investito nel periodo 2000-2002 accumulando perdite nell’ ordine del 50% (più o meno) ha deciso alla fine di dimezzare la propria posizione nel momento sbagliato, (ottobre 2002), non può che interpretare in un solo modo questa realtà :
“se entro adesso non solo dichiaro apertamente che ho sbagliato tutto sino ad oggi ma Rischio di entrare su valori storicamente elevati; io vorrei rientrare con lo S&P a 700 e nel frattempo con il dollaro che ha già toccato 1,7 e con tassi a lungo termine al 7% ! Così , almeno, sono sicuro che non perdo !.”
L’investitore che invece non e’ vittima di scelte sbagliate pregresse verifica se sussistano o meno le ragioni affinchè i tassi siano all’ attuale basso livello e se l’ incremento degli utili aziendali e’ sostenibile.

Secondo noi sussistono.
I tassi a lungo termine, se comparati a quelli a breve termine, sono bassi rispetto a quelli storicamente realizzati in periodi di crescita economica ma non siamo certo in presenza di una bolla speculativa : se il tasso a 10 anni aumentasse dal 4,11% al 4,9% saremmo addirittura in presenza di tassi storicamente convenienti ossia di una pendenza di curva eccessiva !

I tassi a breve termine sono alti rispetto alle attuali condizioni economiche; l’ Inflazione realizzata, malgrado la svalutazione del dollaro e l’ incremento del prezzo delle materie prime e rimasta sui minimi degli ultimi 20 anni .
Per quanto riguarda gli utili aziendali, crediamo che allo stato attuale si sia solo agli inizi di una stagione di crescita degli utili aziendali statunitensi in quanto gli stessi risultano correlati non solo alla domanda interna, ma a quella estera; non accadeva infatti dal 1969 che i profitti aziendali rappresentassero da soli il 9% del prodotto interno lordo statunitense. Solamente 4 anni prima rappresentavano il 5,5% e la media degli ultimi 10 anni era pari al 7,6%.
La crescita dei profitti aziendali é stata trainata da un aumento straordinario della produttività che cresce ad un tasso maggiore del costo del lavoro per unità prodotto da più di due anni; la forbice potrebbe diminuire solo quando, a seguito delle assunzioni da parte delle aziende, i loro costi unitari ricominceranno a crescere in misura notevole, fattore che certamente non si verificherà molto presto, in quanto il costo del lavoro per unità di prodotto si è stabilizzato anche in presenza di un incremento del personale.

Va infine ricordato che :
- il 2005 sarà ancora un anno di espansione;
- esistono a parer nostro ancora le condizioni (tassi reali a breve a zero o negativi) affinché le imprese (con ingente liquidità) decidano di riappropriarsi della capacità di guidare il mercato effettuando investimenti;
- terza considerazione: chi compra (o tiene in portafoglio) per esempio un titolo decennale europeo al 3,30%, sceglie di ingessare il suo portafoglio fino al 2015 in cambio di un rendimento reale dell’1,3% all’anno, posto per assunto che la BCE tenga l’Inflazione intorno al 2%. Basta invece avere le idee chiare sulla prosecuzione o meno dell’espansione; probabilmente sarà più difficile rispetto agli ultimi due anni, ma prevedibilmente sarà ancora consistente (tutti gli esponenti della FED sono concordi nel prevedere una crescita intorno al 3,5-4% per il 2005); inoltre la riserva di forza lavoro inutilizzata è diminuita, con un tasso di disoccupazione stabilmente attestato al 5.2%; a fronte di un tasso di incremento di produttività elevato e con una crescita in fase di espansione, sul fronte tassi la FED agirà sicuramente in modo da accondiscendere un ciclo economico che ha solo due anni e mezzo di vita e che gode ancora di ottima salute; stanti queste considerazioni è molto difficile ipotizzare un segno negativo per le borse: oggi lo SPX è sotto al 2% circa da inizio anno; basterebbe una chiusura d’anno con un rialzo del 5% rispetto al primo gennaio per avere, con il 2% di dividendi, più o meno il 9% di ritorno totale ad oggi (2+5+2): pertanto molto di più di quanto offerto dai Bond decennali europei; la scelta quindi rimane sempre la stessa!

Ricordando che, ad oggi, il nostro modello segnala una sottovalutazione del comparto azionario rispetto a quello obbligazionario, in questo scenario affermiamo la nostra impostazione favorevole per l’investimento azionario rispetto ai bonds, mantenendo la restante parte obbligazionaria su titoli con Duration breve – lunga (pesi 90% -10%).

a cura di Grifogest

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