Il mercato delle offerte su aziende quotate sta diventando una gigantesca roulette che a nostro parere non è sostenibile e dovrebbe essere meglio regolamentata. Spesso chi offre, senza l'accordo del management dell'azienda, spera piuttosto che a causa dell'offerta l'azienda si dia da fare per dimostrare che sta in piedi da sola (magari tagliando posti di lavoro o dismettendo parti dell'azienda). Una volta che il titolo sale (è stato vero sulle offerte per General Motors e per Chrisler, per quella di KKR per Sainsbury), il pretendente si ritira per incassare la cospicua plusvalenza. In altri casi, come l'opa di E-ON su Endesa o probabilmente quella di Barclays su Abn (spuntano oggi voci di interesse da parte di Santander) il perdente, viene liquidato dal compratore effettivo, che spesso viola le norme sull'opa nel rilanciare durante il periodo dell'offerta.. Infine, anche nei casi di successo, come Intesa e San Paolo, l'incentivo del management è quello di tagliare i costi il più possibile per mostrare nel breve risultati sui quali presumibilmente è parametrato il bonus dell'alta direzione. Secondo noi bisognerebbe richiedere che il potenziale acquirente depositi in un conto vincolato una percentuale del potenziale prezzo di acquisto all'atto dell'offerta. Si eviterebbe in tal modo che larga parte di queste operazioni si basi su un indebitamento eccessivo che in caso di caduta del mercato può diventare un boomerang pericolosissimo.
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