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12-10-2005

La settimana borsistica internazionale al 7 ottobre

Ottava difficile per le principali borse mondiali, che in massima parte chiudono con saldi negativi. A differenza di quanto avvenuto nelle piazze dell’Estremo Oriente, dove sin dall’inizio Tokio ha evidenziato una tendenza riflessiva, sul versante europeo l’avvio di settimana era stato di segno positivo. Ad infondere buon umore negli investitori erano state le numerose voci di nuove operazioni di fusione tra giganti industriali, un fenomeno che si sta vieppiù diffondendo nell’Unione Europea. In Giappone, invece, sono state le smentite di un’economia in piena ripresa a scoraggiare il mercato azionario.

Anche a Wall Street, però, l’orizzonte è apparso piuttosto offuscato. Causa principale è la politica monetaria, che da diversi mesi sta operando in favore di una prolungata stretta creditizia da cui è derivato il conseguente incremento dei tassi
d’interesse. Secondo le ultime considerazioni provenienti dalla banca centrale, questa tendenza non sembra destinata ad esaurirsi nel breve termine, il che di certo non facilita l’interesse degli investitori per i titoli azionari. D’altro canto, la Federal Reserve mira fondamentalmente a tenere a bada le crescenti pressioni
inflazionistiche, il cui indice dei prezzi al consumo sembra essersi fortemente avvicinato al limite della soglia ritenuta accettabile dalla banca centrale.
La borsa statunitense ha potuto in seguito beneficiare del ridimensionamento delle quotazioni petrolifere, ma ha dovuto fare i conti con alcuni “allarmi utili” lanciati da importanti gruppi aziendali.

Ne consegue che l’andamento delle sedute è stato visibilmente irregolare, condizionando sfavorevolmente gli azionari europei, che hanno bruscamente mutato segno.
Ad appesantire i listini del Vecchio continente è stato anche il messaggio del presidente della BCE, Jean Claude Trichet, secondo cui anche l’Europa è matura per una stretta monetaria. Come se non bastasse, il deprezzamento del greggio
ha penalizzato il settore dei titoli energetici, con gli investitori interessati a monetizzare parte delle plusvalenze accumulate negli ultimi mesi, in questo comparto. Degno di menzione è, infine, il ritorno al listino italiano del titolo Parmalat che giovedì, a 22 mesi dal crack, ha esordito con un vero e proprio
boom: in un solo giorno è stato scambiato il 17% del capitale e il titolo ha chiuso a 3,025 euro, ossia un valore ben più alto dell’euro Nominale. Venerdì, tuttavia, le quotazioni si sono sensibilmente deprezzate.
a cura di Corner Banca


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