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Le aziende USA snobbano l'Europa
Desta un certo stupore apprendere dalle pagine di unautorevole rivista economica statunitense, quale è il settimanale Business Week, che diverse multinazionali americane stanno spostando i loro interessi dallEuropa occidentale a quella orientale. Questa è, in effetti, la sintesi di uno studio condotto da alcuni economisti, che parlano di un fenomeno in procinto di diventare ormai una tendenza. Ma con quali conseguenze per le grandi potenze industriali del Vecchio continente? Le ragioni degli imprenditori statunitensi, trascinati da questa nuova corrente, non sono difficili da comprendere. Le vendite sui mercati dellEuropa occidentale ristagnano da mesi, sia a livello di spesa al consumo, sia per quel che concerne gli investimenti aziendali; complici le insicurezze che gravano attualmente sul futuro delle economie europee, le cui capacità di ripresa appaiono per il momento scarse. Un quadretto poco incoraggiante, quindi, per chi cura le proprie attività da oltreoceano e deve fare i conti anche con un euro nettamente più valutato del dollaro e un mercato del lavoro molto rigido. Vendite in calo e costi produttivi elevati sono quindi i due elementi principali che, da qualche tempo, giocano a sfavore degli investimenti USA nella parte più sviluppata dellEuropa, ma che, per converso, stanno rendendo sempre più attrattiva laltra metà del Vecchio continente. I dati parlano chiaro: leconomia di Eurolandia non cresce e questanno i pronostici ruotano attorno a una percentuale molto contenuta del Pil, inferiore addirittura all1,5%, ossia meno della metà del tasso di espansione congiunturale previsto per USA e Asia. Lelevata disoccupazione, giunta all8,9%, i costi del lavoro in ascesa e, non ultimo, il rincaro del petrolio stanno rendendo piuttosto ardua la lotta per il recupero dellefficienza produttiva delle imprese ubicate nelle nazioni occidentali dellUE. Sullaltra sponda dellAtlantico si comincia pertanto a dubitare delle possibilità di una pronta ripresa congiunturale, dopo quasi cinque anni di asfissia e di vana attesa. Grosse Anche a livello macroeconomico le cifre parlano chiaro. Gli investimenti esteri nellEuropa dei 15 sono piombati di quasi il 50% nel 2004, scendendo a 165 miliardi di dollari; tutte le principali economie hanno accusato una contrazione, tranne la Gran Bretagna. Nello stesso arco di tempo, le otto nazioni del centro e dellest europeo entrate a far parte dellUnione Europea poco più di un anno fa hanno registrato un incremento degli investimenti provenienti da oltre confine pari a un terzo, raggiungendo un totale di 36 miliardi di dollari. Benché la situazione sin qui descritta sembri corrispondere a realtà, non si può certo immaginare che, improvvisamente, le società statunitensi decidano di voltare le spalle a un mercato pur sempre importante, composto da ben 380 milioni di consumatori. E a suffragio di questa asserzione non mancano le testimonianze. Nel tentativo di recuperare le quote di mercato perdute, McDonalds ha deciso di abbattere i prezzi dei propri hamburger venduti in Germania e in altre nazioni europee, intensificando nel contempo la promozione in Inghilterra. Altre aziende USA sembrano intenzionate a seguire lesempio di McDonalds, rinnovando le proprie strategie di vendita nella speranza che leconomia europea riprenda a respirare a pieni polmoni quanto prima. a cura di Cornèr Banca |
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