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21-05-2008

Mercati delle materie prime, inefficienti e monopolistici

I livelli record nei prezzi del petrolio, di alcune altre materie prime come il ferrocromo, utilizzato nei processi di lavorazione dell'acciaio inossidabile e delle derrate alimentari sono spesso spiegati come risultato di una spinta della domanda derivante dai processi di globalizzazione e dal miglioramento delle abitudini alimentari nei paesi in via di sviluppo. Si tratta in larga parte di giustificazioni pretestuose. Il prezzo del riso, uno dei cibi poveri da sempre consumato in oriente si dice sia aumentato molte volte per lo squilibrio tra domanda e offerta, aggravato dalla siccità che ha colpito di recente l'Australia, uno dei principali esportatori, che ne ha compromesso il raccolto di quest'anno. E' di stamane la notizia, riportata da Bloomberg, che il Giappone dispone in stoccaggio di circa un milione e mezzo di tonnellate di riso per situazioni di emergenza, una quantità con cui si possono sfamare una decina di milioni di persone per un anno. I produttori del Giappone producono inoltre più riso di quanto i suoi abitanti possano consumare. Sembra che il governo stia pensando ad esportare 200.000 tonnellate di riso nelle Filippine una delle aree meno autosufficienti e più colpita dall'aumento dei prezzi. Auspicando un uso non politico della decisione, se il Giappone mettesse sul mercato le sue scorte in eccesso, il problema rientrerebbe in gran parte.
Petrobras, la società petrolifera brasiliana a partecipazione statale ha di recente Scoperto il più importante giacimento petrolifero, Tupi, degli ultimi trent'anni. La società sta comprando sul mercato quantità di apparecchiature per trivellazione. Si sente dire quasi tutti i giorni, da parti non sempre disinteressate che l'attuale produzione di 85 Milioni di barili al giorno è lievemente inferiore alla domanda, ciò che quindi giustificherebbe il fatto che Petrobras sia oggi la sesta società per Capitalizzazione di borsa al mondo. E'strano però che se come le stime ufficiali dichiarano le economie mondiali rallentano la loro crescita di almeno un terzo quest'anno, gli stessi barili bastassero l'anno scorso. L'Opec sostiene che un aumento di produzione da parte dei paesi del cartello non incontrerebbe domanda e che circa 30 dollari nell'attuale prezzo del greggio dipendono dalla svalutazione del dollaro: il petrolio, non quello fisico, ma quello che si tratta in borsa attraverso contratti sintetici, viene comprato infatti dagli speculatori come "assicurazione" contro il calo del dollaro. Se le banche centrali coordinassero i loro interventi (è L'Euro oggi in assoluto la divisa più sopravvalutata) il petrolio starebbe sotto i 100 dollari che in termini di potere di acquisto è molto meno dei livelli massimi toccati negli anni settanta.
L'acciaio è una terza area in cui le politiche sovranazionali dovrebbero essere meglio coordinate. Arcelor Mittal, il più grande produttore al mondo, ha comprato negli scorsi giorni una quota significativa di Mc Arthur Coal, società australiana che produce carbone polverizzato utilizzato nella produzione di acciaio. Il mercato dell'acciaio è in mano a pochissimi produttori che oramai tendono ad integrarsi a monte , comprando estrattori di materie prime utilizzate nei processi di produzione. E' così anche nell'inossidabile: Outokumpu, produttore finlandese a partecipazione statale, possiede miniere di ferrocromo.
Si è fatto un gran parlare di monopolismo nel caso di Microsoft, in un mercato dove non vi sono, come nelle materie prime, problemi di consegna fisica o di potenziale scarsità. Le commissioni antitrust dovrebbero occuparsi di più di quest'ultimo settore.
E' la cattiva politica, non l'eccesso di domanda, in larga parte responsabile degli attuali processi inflattivi.

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