Nei giorni in cui Petrochina triplica di prezzo il primo giorno di Quotazione a Shaghai e Alibaba, primo portale di e-commerce, raddoppia in Quotazione ad Hong Kong, i cinesi vendono dollari di Hong kong per proteggere il regime di cambi fissi contro il dollaro e dalla Cina interna mandano segnali di diversificazione delle proprie riserve valutarie al di fuori del dollaro. Il mercato ha subito interpretato il segnale per rafforzare ulteriormente l'euro (smentito peraltro dal portavoce cinese), ma è evidente che la Cina è del tutto conscia del potere contrattuale che ottiene nel concedere la rivalutazione delle proprie divise (oramai anche Hong Kong è cosa cinese) col contagocce. Il problema è che il tesoro americano ha basato tutta la sua politca di svalutazione del dollaro sull'ipotesi che prima o poi i cinesi rivalutino pesantemente, con la conseguenza di affossare la competitività dei partner più fedeli, ovvero canadesi ed europei. Naturalmente il Giappone, che a differenza di europei ed americani fa di tutto per presentare le proprie statistiche nel modo peggiore possibile, per mantenere lo yen a questi livelli incredibili di sottovalutazione, continua a beneficiare della situazione e, nonostante le divisioni interne, sarà a nostro parere il vero vincente di tutta questa situazione. La Cina non è una democrazia e deve passare almeno attraverso una pesante crisi dei mercati prima di poter crescere in modo sostenibile.
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