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15-05-2006

Sale la febbre da fusione tra le borse mondiali

Mercoledì scorso il Nasdaq, la borsa elettronica statunitense, ha annunciato di aver elevato la sua partecipazione azionaria nel London Stock Exchange (LSE), portando la quota dal 18,7% al 24,1%. La notizia, oltre a confermare la tendenza alla fusione che ormai si sta affermando nei principali mercati azionari, induce ad alcune riflessioni poiché giunge a una sola settimana di distanza da un analogo annuncio. Perché questo colpo d’acceleratore?

La prima delle mosse del Nasdaq è stata resa nota a metà aprile, quando aveva comunicato a sorpresa l’acquisizione del 14,99% del LSE, la principale piazza Finanziaria europea. Le altre due operazioni si sono così susseguite: il 4 maggio, la sua partecipazione nel LSE è salita dal 15% al 18,7%; nel giro di sette giorni, la quota ha guadagnato un addizionale 5,4%. Inutile dire, pertanto, che l’avanzata statunitense nel mondo borsistico europeo si sta inequivocabilmente rinvigorendo e con una precisa strategia. Il Nasdaq, infatti, ha scelto di insediarsi nel Vecchio continente optando per una borsa valori ai vertici della classifica mondiale e quindi con l’intento di assumere una chiara posizione di rilievo. Ma la tattica seguita dal Nasdaq non è solo d’attacco, bensì anche di difesa. Divenendo il maggior azionista del LSE, infatti, la borsa elettronica statunitense ha posto un altro ostacolo all’imminente offensiva del rivale New York Stock Exchange, il mercato azionario più importante del mondo ubicato nella famosa Wall Street. John Thain, suo presidente, ha anticipato che l’offerta d’acquisto nei confronti del LSE è praticamente già pronta e tra breve verrà esplicitata.

Tradotto in altri termini, la guerra dei listini sembra essere solo agli inizi.

Il NYSE, il gruppo che controlla la borsa di Wall Street, non ha commentato le manovre del Nasdaq, ma tutti attendono che chiarisca a giorni le sue intenzioni. Il LSE, quindi, sta facendo gola a tutti e, d’altro canto, il NYSE non ha mai celato le sue velleità di espansione in Europa, cominciando proprio da Londra, la più ambita come abbiamo visto, ma includendo anche Parigi. Il presidente del NYSE, in effetti, non molto tempo fa ha incontrato il suo omologo nella capitale francese, per valutare le possibilità di un’alleanza con la borsa parigina. Probabilmente la questione con Parigi appare più complicata del previsto, mentre Thain è convinto che la manovra nei confronti del LSE sia piuttosto semplice. È per questo motivo che il Nasdaq ha cercato di muoversi rapidamente. Sebbene la sua attuale quota del 24,1% non sia sufficiente a bloccare un’eventuale offerta d’acquisto da parte del NYSE, è invece abbastanza elevata per ostacolare quella di un nuovo ulteriore offerente.

L’unico rallentamento, in quella che potrebbe sembrare una transazione Finanziaria piuttosto facile per una borsa delle dimensioni del NYSE, è dato dal fatto che quest’ultimo non ha ancora completato il suo processo di privatizzazione. Dopo essere stato quotato a listino in marzo, il NYSE sta tuttora compiendo il passo finale dell’operazione di conversione delle proprie azioni.

A questo punto sorge spontanea una domanda: mentre gli Stati Uniti avanzano, l’Europa cosa sta facendo? Sicuramente non è spettatrice passiva di quanto sta avvenendo tra le due sponde dell’Atlantico, visto che anche nel Vecchio continente la questione delle fusioni tra borse è divenuta un argomento di attenzione pressoché quotidiano.

La borsa paneuropea Euronext, che raggruppa i mercati di Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Lisbona, ha annunciato pochi giorni fa di essersi ritirata dalla corsa per il LSE, essendo troppo caro e difficile da conquistare. Dopo un anno e mezzo dalle prime dichiarazioni, ha così deciso di gettare la spugna, ma senza arrendersi. Nello stesso tempo, infatti, Euronext ha asserito di essere seriamente intenzionata ad approfondire le negoziazioni con Deutsche Börse, il mercato azionario tedesco, per valutare le possibilità di ciò che gli analisti hanno apertamente interpretato come una proposta di matrimonio. Il 23 maggio prossimo, si terrà l’assemblea dei soci di Euronext e non è escluso che un annuncio in tal senso possa essere fatto proprio in quella importante occasione. Venerdì scorso, nel frattempo, Deutsche Börse è uscita allo Scoperto, “corteggiando” Euronext con un nuovo pacchetto di proposte.

Scartato il LSE e, nel caso in cui le nozze con Deutsche Börse non dovessero andare in porto, per Euronext non resterebbe che la strada dell’indipendenza, non gradita però da tutti i suoi soci. La situazione è un po’ controversa, in effetti. Euronext, come detto, è una piattaforma che ha unificato diversi mercati, creando importanti economie di scala e notevoli riduzioni dei costi operativi. Recentemente, tuttavia, le autorità della borsa paneuropea hanno invitato i propri azionisti a votare contro un emendamento che, di principio, approvi una fusione tra Euronext e la rivale borsa tedesca, con sede a Francoforte. Ne è derivato che molti analisti hanno cominciato a ritenere possibile il sorgere di un interesse da parte di Euronext per la piazza americana. E se così fosse, per quale: Nasdaq, NYSE o Cme (Chicago Mercantile Exchange, la borsa delle materie prime)?

In conclusione, la partita è tutta da giocare e la situazione diventa ogni giorno più intrigante. Certo è che, dopo decenni caratterizzati da un continuo proliferare di nuovi mercati, la tendenza in atto si è decisamente capovolta. Dalla rammentazione si sta passando a una concentrazione, fenomeno che coinvolge in modo particolare l’Europa, dove il numero dei listini è sempre stato superiore a quello statunitense.

a cura di Cornèr Banca SA


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